Essiccamento
L’essiccamento è una tecnica di conservazione del cibo che consiste nell’eliminare i liquidi dagli alimenti sottoponendoli a una fonte di calore.
Infatti, è proprio l’acqua presente nei prodotti a causare lo sviluppo di muffe e batteri.
In presenza di acqua, i microrganismi trovano l’ambiente ideale per moltiplicarsi. Senza acqua, le reazioni chimiche sono fortemente rallentate e le attività degli enzimi sono assenti.
Una volta essiccati, gli alimenti devono essere chiusi ermeticamente in contenitori o involucri impermeabili, per evitare che il cibo possa riassorbire l’acqua dall’aria.
Questo procedimento è utilizzato sin dall’antichità, esponendo gli alimenti al sole o all’aria (come nel caso dello stoccafisso). Altre tecniche antiche di essiccazione sono la salagione o anche alcuni tipi di cottura, come la frittura.
Nella terminologia specifica, si utilizza il termine essiccamento quando si procede con mezzi naturali, sfruttando l’azione dei raggi del sole. Quando invece il processo è artificiale, come in ambito industriale, si parla di disidratazione.
La disidratazione a livello industriale si è sviluppata all’inizio del ‘900, attraverso tecniche di riscaldamento dell’alimento tramite aria calda, gas, contatto con superfici calde o radiazioni infrarosse. A seconda della percentuale d’acqua presente, gli alimenti sono sottoposti a diverse temperature: tra i 30° e i 40°C si parla di bassa temperatura; tra i 50° e i 60° a media temperatura, mentre tra i 70° e i 90°C abbiamo l’essiccazione ad alta temperatura.
L’essiccamento è una tecnica di conservazione molto pratica, perché consente di mantenere i cibi anche a lungo senza alterare in maniera eccessiva le proprietà organolettiche. Si nota però una buona perdita di vitamina C. Inoltre si può incorrere in altri svantaggi: è ovvio che un prodotto essiccato prima di essere consumato deve essere reidratato. Gli alimenti però riassorbono solo circa i due terzi dell’acqua iniziale, tendendo a risultare più duri e gommosi rispetto all’origine: è il caso dei funghi secchi, che si presentano meno teneri rispetto a quelli freschi.
Alcuni cibi possono assumere un colore scuro e un sapore amaro. Le proteine e i glucidi possono subire la reazione di Maillard, tanto preziosa in alcuni metodi di cottura come dannosa nei metodi di conservazione, perché può conferire un aspetto e un sapore sgradevole. Per questo motivo l’essiccazione è utilizzata soprattutto per alcuni alimenti mirati, come latte, minestre, lievito, caffè in polvere e uova.
Tra le varie tecniche di disidratazione esiste anche la liofilizzazione, chiamata anche crioessiccamento. Gli alimenti, infatti, dopo essere stati frammentati e omogeneizzati, sono congelati per poi essere sottoposti all’estrazione di tutta l’acqua attraverso la sublimazione, ovvero il passaggio del ghiaccio allo stato di vapore senza passare per lo stato liquido. Questo processo avviene sotto vuoto.
La liofilizzazione originariamente era considerata un processo molto costoso; per questo motivo era applicata esclusivamente ai prodotti destinati agli astronauti e ai neonati. Oggi le nuove tecniche industriali hanno permesso un abbassamento dei costi e una conseguente introduzione dei prodotti liofilizzati nel mercato alimentare meno specifico.
Rispetto ai prodotti essiccati in maniera tradizionale, i liofilizzati presentano il notevole vantaggio di una rapida reidratazione. Inoltre, la perdita di caratteristiche organolettiche dell’alimento è notevolmente inferiore nei prodotti liofilizzati rispetto a quelli essiccati o disidratati con altre tecniche. La frammentazione del prodotto infine agevole i processi di digestione: ecco perché i liofilizzati sono particolarmente utilizzati nella dieta dei bambini.
Infatti, è proprio l’acqua presente nei prodotti a causare lo sviluppo di muffe e batteri.
In presenza di acqua, i microrganismi trovano l’ambiente ideale per moltiplicarsi. Senza acqua, le reazioni chimiche sono fortemente rallentate e le attività degli enzimi sono assenti.
Una volta essiccati, gli alimenti devono essere chiusi ermeticamente in contenitori o involucri impermeabili, per evitare che il cibo possa riassorbire l’acqua dall’aria.
Questo procedimento è utilizzato sin dall’antichità, esponendo gli alimenti al sole o all’aria (come nel caso dello stoccafisso). Altre tecniche antiche di essiccazione sono la salagione o anche alcuni tipi di cottura, come la frittura.
Nella terminologia specifica, si utilizza il termine essiccamento quando si procede con mezzi naturali, sfruttando l’azione dei raggi del sole. Quando invece il processo è artificiale, come in ambito industriale, si parla di disidratazione.
La disidratazione a livello industriale si è sviluppata all’inizio del ‘900, attraverso tecniche di riscaldamento dell’alimento tramite aria calda, gas, contatto con superfici calde o radiazioni infrarosse. A seconda della percentuale d’acqua presente, gli alimenti sono sottoposti a diverse temperature: tra i 30° e i 40°C si parla di bassa temperatura; tra i 50° e i 60° a media temperatura, mentre tra i 70° e i 90°C abbiamo l’essiccazione ad alta temperatura.
L’essiccamento è una tecnica di conservazione molto pratica, perché consente di mantenere i cibi anche a lungo senza alterare in maniera eccessiva le proprietà organolettiche. Si nota però una buona perdita di vitamina C. Inoltre si può incorrere in altri svantaggi: è ovvio che un prodotto essiccato prima di essere consumato deve essere reidratato. Gli alimenti però riassorbono solo circa i due terzi dell’acqua iniziale, tendendo a risultare più duri e gommosi rispetto all’origine: è il caso dei funghi secchi, che si presentano meno teneri rispetto a quelli freschi.
Alcuni cibi possono assumere un colore scuro e un sapore amaro. Le proteine e i glucidi possono subire la reazione di Maillard, tanto preziosa in alcuni metodi di cottura come dannosa nei metodi di conservazione, perché può conferire un aspetto e un sapore sgradevole. Per questo motivo l’essiccazione è utilizzata soprattutto per alcuni alimenti mirati, come latte, minestre, lievito, caffè in polvere e uova.
Tra le varie tecniche di disidratazione esiste anche la liofilizzazione, chiamata anche crioessiccamento. Gli alimenti, infatti, dopo essere stati frammentati e omogeneizzati, sono congelati per poi essere sottoposti all’estrazione di tutta l’acqua attraverso la sublimazione, ovvero il passaggio del ghiaccio allo stato di vapore senza passare per lo stato liquido. Questo processo avviene sotto vuoto.
La liofilizzazione originariamente era considerata un processo molto costoso; per questo motivo era applicata esclusivamente ai prodotti destinati agli astronauti e ai neonati. Oggi le nuove tecniche industriali hanno permesso un abbassamento dei costi e una conseguente introduzione dei prodotti liofilizzati nel mercato alimentare meno specifico.
Rispetto ai prodotti essiccati in maniera tradizionale, i liofilizzati presentano il notevole vantaggio di una rapida reidratazione. Inoltre, la perdita di caratteristiche organolettiche dell’alimento è notevolmente inferiore nei prodotti liofilizzati rispetto a quelli essiccati o disidratati con altre tecniche. La frammentazione del prodotto infine agevole i processi di digestione: ecco perché i liofilizzati sono particolarmente utilizzati nella dieta dei bambini.