Pastorizzazione

La pastorizzazione è un trattamento termico che si applica ad alcuni alimenti per distruggere le forme patogene e i microrganismi.
In tal modo il tempo di conservazione di questi alimenti aumenta notevolmente.
L’azione del calore distrugge quasi tutti i batteri. Alcuni però riescono a sopravvivere, come anche le spore. Ecco perché gli alimenti pastorizzati devono comunque essere conservati seguendo alcuni criteri che rallentano lo sviluppo di questi microrganismi.

Il termine pastorizzazione deriva dal biologo francese Louis Pasteur, che nel 1860 scoprì che, riscaldano il vino e portandolo per pochi minuti a 60°C, si bloccavano i processi di fermentazione. Da allora i processi di pastorizzazione sono stati soggetti di numerosi studi e perfezionamenti che, una volta applicati su alcuni alimenti, hanno prodotto risultati notevoli nell’ambito delle patologie da alimentazione (basti pensare che a fine ‘800 l’introduzione della pastorizzazione nel latte vaccino ha dimezzato in un anno la mortalità dei bambini).
In Italia la pastorizzazione del latte è stata introdotta nel 1929.

La tecnica della pastorizzazione si compie attraverso degli scambiatori di calore che possono essere tubolari o a piastre. Da un lato c’è il liquido da trattare, dall’altro un fluido portato alla temperatura necessaria per la pastorizzazione. I due fluidi sono fatti scorrere in direzioni opposte in modo da ottenere uno scambio termico che interessi tutto il liquido.
Questa tecnica permette la pastorizzazione di alimenti in forma liquida: latte, vino, birra e succhi di frutta sono infatti gli alimenti su qui la pastorizzazione è utilizzata in larga scala.

La temperatura a cui i liquidi sono sottoposti varia a seconda degli alimenti.
Maggiore è la temperatura, minore è il tempo di pastorizzazione.
Il vino e la birra, ad esempio, sono sottoposti al processo di pastorizzazione per circa 30 minuti ad una temperatura di 60°-65°C. E’ quella che si chiama pastorizzazione bassa, in quanto la temperatura è inferiore rispetto ad altri processi.
Prodotti a bassa acidità, come latte e derivati, sono sottoposti ad una pastorizzazione alta, ovvero a temperatura di 75°-85°C. In questo caso il tempo è limitato a 2-3- minuti.
In tempi più recenti la pastorizzazione alta è stata quasi completamente sostituita dalla pastorizzazione rapida, anche chiamata HTST (High Temperature/Short Time).
In questo caso si raggiungono temperature più elevate per pochissimi secondi.
Nella pastorizzazione rapida le temperature raggiunte distruggono alcuni microrganismi potenzialmente patogeni tra cui gli agenti del tifo, i colibacilli, le brucelle e i micobatteri. Questa tecnica, utilizzata principalmente per il latte, è anche chiamata stassanizzazione, dal nome del suo ideatore Luigi Stassano.
A questa tecnica si associa il trattamento UHT (Ultra High Temperature) in cui la velocità e la temperatura sono ancora più alte. Il trattamento UHT fa parte però dei processi di sterilizzazione.
La differenza principale tra la pastorizzazione e la sterilizzazione è la temperatura: la prima infatti avviene sotto i 100°C,distruggendo quasi tutte le forme vegetative; la seconda raggiunge temperature al di sopra dei 120°C eliminando le forme sporigene.
Infatti i prodotti pastorizzati hanno vita più breve rispetto a quelli sterilizzati, e sono sottoposti ad un rapido raffreddamento per inibire lo sviluppo dei microrganismi residui. La pastorizzazione è quindi associata ad altri sistemi di conservazione: è il caso del latte pastorizzato, dal sapore migliore rispetto a quello UHT, che deve essere però conservato in frigorifero e consumato entro pochi giorni.
Altri prodotti sono invece sottoposti ad altre tecniche di conservazione, come il confezionamento sottovuoto o l’aggiunta di sostanze chimiche.

La pastorizzazione ha il pregio di conservare il gusto dei prodotti, ma comporta anche alcuni svantaggi. Primo tra tutti, per quanto riguarda il latte, è la distruzione dei batteri lattici, come il Lactobacillus acidophilus, che permette la sinterizzazione della vitamina B nel colon e fornisce al latte proprietà battericide. Considerando che, come già detto, la pastorizzazione interrompe la crescita dei batteri solo temporaneamente, si può dedurre che in seguito l’assenza di proprietà battericide nel latte può consentire lo sviluppo di batteri nocivi più rapidamente.
Inoltre le temperature a cui è sottoposto l’alimento durante la pastorizzazione distruggono gli enzimi che permettono l’assimilazione del calcio, e causa anche la perdita parziale di alcune vitamine.
Ultimamente infatti si sta diffondendo il consumo di latte crudo, da spillare direttamente da distributori alla spina. Questa consuetudine presenta sicuramente notevoli vantaggi da un punto di vista economico per il consumatore, in quanto si abbatte la filiera comprando il latte direttamente dal produttore, evitando anche spreco di energia ed inquinamento derivante da trasporti e processi industriali, consentendo anche di riutilizzare le stesse bottiglie per diverso tempo.
Il dibattito sulla regolarizzazione della vendita del latte crudo è ancora in corso: alcuni paesi la vietano, mentre in Italia è stata autorizzata nel 2007, dopo aver stabilito alcune procedure igienico-sanitarie.
Commenti
1 commento inserito
Inviato da Sabrina Sab. il 12/06/2012 alle 15:37
Molto ben fatto, mi congratulo con voi.

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