Dolci di Carnevale

Parola d’ordine: trasgredire!
È un imperativo che ci viene tramandato da secoli e che è bene seguire, per godere fino in fondo questa ricorrenza così arcaica e caratteristica.
Le origini del carnevale si ritrovano nei riti pagani, attraversano il cristianesimo e, durante il medioevo, si definiscono come la “festa dei folli”, il luogo dove ogni limite è bandito. Ed è così che arriva fino a noi, mantenendo queste valenze. Ancora ci si traveste, si fa baldoria, si scherniscono le istituzioni. Si va contro tutte quelle norme alla base la nostra quotidianità.
È il rovesciamento dell’ordine stabilito. Si infrangono le regole e si legittima ciò che di solito è un divieto; la libertà dell’eccesso è condivisa dall’intera comunità, l’allegria, il gioco e lo sberleffo sono approvati e ammessi.

Uno tra gli elementi più distintivi del carnevale è legata all’ambito gastronomico, e anche qui la trasgressione e l’eccesso la fanno da padroni.
I dolci del carnevale sono il marchio caratteristico della festa: non si può onorare un simile avvenimento se non lo si celebra con l’abbondanza della cucina. I dolci del carnevale sono ricchi, corposi, ridondanti, tassativamente fritti.
Ogni regione d’Italia sfoggia in questo periodo ricette specifiche e secolari che nei dolci lasciano la loro impronta più trasgressiva.
Gustarli senza remore, senza pensieri per la dieta o per il regime alimentare che si segue tutto l’anno è un modo per tornare bambini. Un modo per godere questa festa come quando si pasticciava in cucina con le mani appiccicose di acqua e farina, con i profumi degli ingredienti che si perdevano col fumo dell’olio su per la cappa.
E qual è una trasgressione più grande che permettere a se stessi di tornare bambini?

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