Il cibo: da passione a professione
Quando si parla di cucina molti pensano, quasi senza accorgersene, a una delle tante fortunate trasmissioni televisive nelle quali chef più o meno eccentrici e professionali si dilettano nella preparazione di ricette tradizionali o innovative. In Italia, poi, vista la nostra straordinaria tradizione culinaria, il cibo è da considerarsi una vera e propria passione nazionale e sono milioni gli appassionati che si dilettano in cucina con esiti altalenanti.
Il lavoro in cucina: duro, ma appagante
Far diventare la passione per il cibo una vera professione non è però così semplice come si potrebbe pensare, in quanto cucinare per gli amici a casa è molto diverso dal doverlo fare per quaranta o cinquanta persone, rispettando tempistiche e procedure molto precise.
Trasformare quella per il cibo da passione in un’autentica professione significa, innanzitutto, essere consapevoli che si tratta di un lavoro molto duro, ma anche estremamente appagante sotto tutti i punti di vista, in primis per quanto riguarda il benessere psicofisico.
In generale, sappiamo tutti che lavorare può essere stressante e abbiamo tanti esempi di persone che sono costrette a svolgere mansioni ripetitive solo per portare a casa lo stipendio a fine mese. In questo ambito, la ristorazione professionale anche se fisicamente impegnativa, offre assenza di ripetitività e un alto contenuto creativo “antistress”.
I ristoratori fanno una vita difficile, devono fare molte rinunce ma anche essere consapevoli che si tratta di una professione in grado di ingenerare soddisfazione e benessere. Quando il ristoratore stacca al termine di una dura giornata di lavoro e chiude la porta del suo locale si sente realizzato, una sensazione davvero unica e non così scontata da provare nel mondo del lavoro odierno.
Al di là del comune pensiero, sono veramente molti i professionisti, magari avvocati o commercialisti che, stanchi del loro lavoro burocratico, hanno deciso di gettarsi a capofitto nel mondo della ristorazione. Si tratta di una scelta esistenziale che si riverbera inevitabilmente sulla qualità della vita e che porta anche soddisfazioni dal punto di vista economico.
In un mondo del lavoro sempre più frenetico, infatti, molti fra coloro che esercitano professioni anche importanti e interessanti dal punto di vista economico finiscono però per essere divorati dallo stress di mansioni eccessivamente ripetitive o che richiedono intervalli di tempo enormi per essere cominciate, portate avanti e finite. Quando tornano a casa la sera, o non sono appagati dalla loro attività, oppure non riescono mai veramente a “staccare” il cervello. Questo, alla lunga, ha degli effetti devastanti sul benessere psicofisico individuale di ciascuno, che si ripercuote sulla propria felicità e su quella delle persone che gli stanno intorno.
Da questo punto di vista quello dello chef, del pasticcere o del pizzaiolo è uno dei migliori lavori possibili, poiché ad una produzione creativa giornaliera corrisponde sempre un “riconoscimento” diretto: feedback dei clienti e pagamento del conto. Una volta tornati a casa la sera dopo una giornata di lavoro, la mente è sgombra e soddisfatta. Questo non significa che gestire un’impresa ristorativa o lavorarci dentro non comporti pensieri o pianificazione. Significa solo che è “più semplice e di soddisfazione” rispetto a tanti altri tipi di lavoro.
Clienti sempre soddisfatti: la chiave del successo
Quella dello chef è infatti una professione appagante come poche e che lascia, a fine giornata, una sensazione di benessere davvero unica, specie se derivante dalla consapevolezza di aver svolto il proprio lavoro nel modo migliore possibile. Chi ha fatto del cibo la propria professione infatti si nutre, letteralmente, della positività che riesce a ingenerare nei suoi clienti. Si tratta di un lavoro che permette di utilizzare la propria creatività per appagare gli altri e la soddisfazione proveniente dai clienti crea un circolo virtuoso che da la possibilità allo chef di goderne e anche di avere successo.
Chi è riuscito a fare della propria passione per il cibo una professione, sa molto bene che la chiave del successo è proprio la soddisfazione della clientela. Chiaramente, un ristoratore che delude i propri clienti andrà incontro, senza dubbio, ad un sonoro fallimento. Viceversa, uno chef che riesce ad accontentare la propria clientela potrà godere anche di un significativo ritorno economico e professionale. Il successo di un'attività di ristorazione viene deciso solo ed esclusivamente dai clienti e la positività trasmessa dai clienti soddisfatti rappresenta una sorta di “stipendio immateriale”, che aumenterà il benessere del professionista della cucina. Cucinare un piatto che viene apprezzato da chi lo consuma è infatti un’esperienza impagabile, che si traduce in benessere psicofisico e che spiega anche il motivo per cui ci siano così tante persone che decidono di lasciare carriere professionali avviate in altri settori per mettersi in discussione ai fornelli.
La passione non basta: l'importanza della professionalità
Inutile dire che la componente necessaria a fare della passione per il cibo una professione autentica è proprio la passione stessa. Questa da sola, però, non basta, in quanto deve per forza di cose essere abbinata anche a professionalità e conoscenze pratiche. Molti, tendono infatti a confondere la passione con la professionalità e, questo, è un errore per chi vuole lanciarsi nel mondo della ristorazione perché, in realtà, si tratta di due cose distinte tra loro.
Possiamo dire, per semplificare, che la professionalità include al suo interno anche la passione mentre, al contrario, la passione non comprende per forza di cose anche la professionalità. Detto in altre parole, qualcuno può avere passione per il cibo, dilettarsi a cucinare in casa per gli amici, ma senza la professionalità e la conoscenza specifica non potrà mai farne una professione.
L’organizzazione, il timing, gli ingredienti corretti, il calcolo del food cost e del full cost, sono tutti elementi fondamentali che fanno parte della professionalità in cucina. Se abbinati alla passione, possono creare un vero Chef, pasticcere o pizzaiolo.
L’obiettivo dei corsi di cucina, come quelli organizzati dall’Accademia Italiana Chef, è proprio quello di creare professionisti che abbinino le competenze tecniche alla creatività e alla passione, mantenendo sempre la priorità sull’essere professionali, senza per questo dover essere “particolari” ed eccentrici a tutti i costi.
Quelli che vogliono completare il passaggio dall’essere cuochi per passione a cuochi tout-court dovranno, quindi, disporre di attenzione, capacità, responsabilità ed etica e, soprattutto, dovranno tenere ben presente l’obiettivo: avere successo.
Piaccia o meno, è infatti il successo l’unico discrimine tra una passione e una professione e coloro che hanno successo, di solito, sono proprio quelli che riescono ad approcciarsi alla materia con il giusto mix di passione e professionalità. In questo senso, la scuola di cucina dell’Accademia italiana Chef è utile per favorire un processo di maturazione personale, che consenta di formare professionisti della cucina in grado di relazionarsi al meglio con clienti e colleghi e di intraprendere così un percorso di gratificazione e realizzazione professionale. Diventare cuochi, pasticceri o pizzaioli, insomma, significa anche per certi versi mettersi in discussione e imparare a conoscere se stessi e gli altri, per diventare anche delle persone migliori sotto tutti i punti di vista.
Il lavoro in cucina: duro, ma appagante
Far diventare la passione per il cibo una vera professione non è però così semplice come si potrebbe pensare, in quanto cucinare per gli amici a casa è molto diverso dal doverlo fare per quaranta o cinquanta persone, rispettando tempistiche e procedure molto precise.
Trasformare quella per il cibo da passione in un’autentica professione significa, innanzitutto, essere consapevoli che si tratta di un lavoro molto duro, ma anche estremamente appagante sotto tutti i punti di vista, in primis per quanto riguarda il benessere psicofisico.
In generale, sappiamo tutti che lavorare può essere stressante e abbiamo tanti esempi di persone che sono costrette a svolgere mansioni ripetitive solo per portare a casa lo stipendio a fine mese. In questo ambito, la ristorazione professionale anche se fisicamente impegnativa, offre assenza di ripetitività e un alto contenuto creativo “antistress”.
I ristoratori fanno una vita difficile, devono fare molte rinunce ma anche essere consapevoli che si tratta di una professione in grado di ingenerare soddisfazione e benessere. Quando il ristoratore stacca al termine di una dura giornata di lavoro e chiude la porta del suo locale si sente realizzato, una sensazione davvero unica e non così scontata da provare nel mondo del lavoro odierno.
Al di là del comune pensiero, sono veramente molti i professionisti, magari avvocati o commercialisti che, stanchi del loro lavoro burocratico, hanno deciso di gettarsi a capofitto nel mondo della ristorazione. Si tratta di una scelta esistenziale che si riverbera inevitabilmente sulla qualità della vita e che porta anche soddisfazioni dal punto di vista economico.
In un mondo del lavoro sempre più frenetico, infatti, molti fra coloro che esercitano professioni anche importanti e interessanti dal punto di vista economico finiscono però per essere divorati dallo stress di mansioni eccessivamente ripetitive o che richiedono intervalli di tempo enormi per essere cominciate, portate avanti e finite. Quando tornano a casa la sera, o non sono appagati dalla loro attività, oppure non riescono mai veramente a “staccare” il cervello. Questo, alla lunga, ha degli effetti devastanti sul benessere psicofisico individuale di ciascuno, che si ripercuote sulla propria felicità e su quella delle persone che gli stanno intorno.
Da questo punto di vista quello dello chef, del pasticcere o del pizzaiolo è uno dei migliori lavori possibili, poiché ad una produzione creativa giornaliera corrisponde sempre un “riconoscimento” diretto: feedback dei clienti e pagamento del conto. Una volta tornati a casa la sera dopo una giornata di lavoro, la mente è sgombra e soddisfatta. Questo non significa che gestire un’impresa ristorativa o lavorarci dentro non comporti pensieri o pianificazione. Significa solo che è “più semplice e di soddisfazione” rispetto a tanti altri tipi di lavoro.
Clienti sempre soddisfatti: la chiave del successo
Quella dello chef è infatti una professione appagante come poche e che lascia, a fine giornata, una sensazione di benessere davvero unica, specie se derivante dalla consapevolezza di aver svolto il proprio lavoro nel modo migliore possibile. Chi ha fatto del cibo la propria professione infatti si nutre, letteralmente, della positività che riesce a ingenerare nei suoi clienti. Si tratta di un lavoro che permette di utilizzare la propria creatività per appagare gli altri e la soddisfazione proveniente dai clienti crea un circolo virtuoso che da la possibilità allo chef di goderne e anche di avere successo.
Chi è riuscito a fare della propria passione per il cibo una professione, sa molto bene che la chiave del successo è proprio la soddisfazione della clientela. Chiaramente, un ristoratore che delude i propri clienti andrà incontro, senza dubbio, ad un sonoro fallimento. Viceversa, uno chef che riesce ad accontentare la propria clientela potrà godere anche di un significativo ritorno economico e professionale. Il successo di un'attività di ristorazione viene deciso solo ed esclusivamente dai clienti e la positività trasmessa dai clienti soddisfatti rappresenta una sorta di “stipendio immateriale”, che aumenterà il benessere del professionista della cucina. Cucinare un piatto che viene apprezzato da chi lo consuma è infatti un’esperienza impagabile, che si traduce in benessere psicofisico e che spiega anche il motivo per cui ci siano così tante persone che decidono di lasciare carriere professionali avviate in altri settori per mettersi in discussione ai fornelli.
La passione non basta: l'importanza della professionalità
Inutile dire che la componente necessaria a fare della passione per il cibo una professione autentica è proprio la passione stessa. Questa da sola, però, non basta, in quanto deve per forza di cose essere abbinata anche a professionalità e conoscenze pratiche. Molti, tendono infatti a confondere la passione con la professionalità e, questo, è un errore per chi vuole lanciarsi nel mondo della ristorazione perché, in realtà, si tratta di due cose distinte tra loro.
Possiamo dire, per semplificare, che la professionalità include al suo interno anche la passione mentre, al contrario, la passione non comprende per forza di cose anche la professionalità. Detto in altre parole, qualcuno può avere passione per il cibo, dilettarsi a cucinare in casa per gli amici, ma senza la professionalità e la conoscenza specifica non potrà mai farne una professione.
L’organizzazione, il timing, gli ingredienti corretti, il calcolo del food cost e del full cost, sono tutti elementi fondamentali che fanno parte della professionalità in cucina. Se abbinati alla passione, possono creare un vero Chef, pasticcere o pizzaiolo.
L’obiettivo dei corsi di cucina, come quelli organizzati dall’Accademia Italiana Chef, è proprio quello di creare professionisti che abbinino le competenze tecniche alla creatività e alla passione, mantenendo sempre la priorità sull’essere professionali, senza per questo dover essere “particolari” ed eccentrici a tutti i costi.
Quelli che vogliono completare il passaggio dall’essere cuochi per passione a cuochi tout-court dovranno, quindi, disporre di attenzione, capacità, responsabilità ed etica e, soprattutto, dovranno tenere ben presente l’obiettivo: avere successo.
Piaccia o meno, è infatti il successo l’unico discrimine tra una passione e una professione e coloro che hanno successo, di solito, sono proprio quelli che riescono ad approcciarsi alla materia con il giusto mix di passione e professionalità. In questo senso, la scuola di cucina dell’Accademia italiana Chef è utile per favorire un processo di maturazione personale, che consenta di formare professionisti della cucina in grado di relazionarsi al meglio con clienti e colleghi e di intraprendere così un percorso di gratificazione e realizzazione professionale. Diventare cuochi, pasticceri o pizzaioli, insomma, significa anche per certi versi mettersi in discussione e imparare a conoscere se stessi e gli altri, per diventare anche delle persone migliori sotto tutti i punti di vista.