Professione cucina: dalla teoria alla pratica
Negli ultimi tempi, forse per via delle tante fortunate trasmissioni di cucina, in molti guardano con rinnovato entusiasmo al mestiere dello chef e al settore della ristorazione. Frequentare i corsi di una scuola di cucina, come quelli dell'Accademia Italiana Chef, però, non è cosa semplice; si tratta infatti di un settore molto complesso, nel quale bisogna cimentarsi con il massimo impegno per riuscire ad emergere e raccogliere competenze utili all’inserimento nel mondo del lavoro.
Vecchia e nuova normativa
Molti dei corsi di cucina esistenti, sono organizzati tenendo conto di una vecchia normativa europea che tende a giudicare i corsi sulla base delle ore di lezione frontale erogate e non sulla qualità, ovvero su che cosa viene effettivamente insegnato agli allievi. Si tratta di un grosso problema in quanto, in un ambito complesso come quello della cucina, esiste un gap significativo tra la teoria e la pratica, tra la formazione e il lavoro.
Inoltre, non sempre la possibilità per gli allievi di poter passare più tempo a scuola significa aumentare le probabilità di entrare nel mondo del lavoro.
Attualmente, le regioni italiane hanno recepito la normativa europea sui corsi di formazione professionale e, quindi, anche sul settore cucina, che danno accesso a qualifiche riconosciute, prevedendo come requisito base, per ciascun allievo, la frequenza di un monte orario che va dalle 600 alle 1800 ore di corso. Questo, porta i formatori ad organizzare i corsi chiedendosi come fare a riempire un monte ore così alto. Si tratta di una contraddizione in termini, in quanto la Normativa Europea 29990 sui corsi di formazione professionali sostiene, in realtà, di tarare le lezioni sulla base di ciò che effettivamente vuole il mercato del lavoro. La speranza è quindi che le Regioni adottino quanto prima criteri differenti da quello del monte ore, favorendo così il passaggio diretto dalla formazione al lavoro, per tutti gli allievi.
Scuola di cucina: quantità vs qualità
Chi gestisce una scuola di cucina deve sapere perfettamente che non sono le ore a creare le competenze. Il diploma finale non deve essere quindi un titolo che chiunque può ottenere dopo aver frequentato un determinato monte ore di lezioni, ma un attestato di competenze, un bagaglio di esperienze e di concetti utili che rendono chi lo ottiene pronto e adeguato per il confronto diretto col mondo del lavoro.
Il mercato, infatti, richiede delle competenze specifiche ai nuovi lavoratori e, di conseguenza, i corsi andrebbero tarati per consentire agli allievi di imparare solo ciò che serve davvero, senza rallentare il passaggio dalla teoria alla pratica con nozioni inutili ai fini, appunto, pratici.
Tutto questo, non per dire che la teoria sia sbagliata, ma semplicemente che non è sufficiente, da sola, a formare figure professionali nel settore della ristorazione in grado di soddisfare le richieste del mercato in modo adeguato. Per facilitare l’apprendimento degli allievi, una buona scuola di cucina dovrebbe organizzare i suoi corsi con un giusto equilibrio tra teoria e pratica, per far sì che i concetti si solidifichino.
Purtroppo, sono molti infatto coloro che si iscrivono a corsi di cucina, anche molto costosi, e ne escono con un diploma in tasca e con la presunzione di essere ormai del mestiere. Alla prova dei fatti, però, molti non riescono a mettere in pratica quanto hanno assimilato dal punto di vista teorico e, questo, rappresenta un reale problema.
Avere un diploma di cuoco riconosciuto, inoltre, non serve poi a molto per facilitare l’ingresso nel mondo nel lavoro se non è accompagnato da competenze pratiche ed esperienza sul campo, a meno di non puntare a concorsi pubblici per lavorare presso ospizi, ospedali o mense scolastiche.
Una delle caratteristiche principali che gli allievi dei corsi di cucina devono avere è infatti l’elasticità mentale, una condizione necessaria per riuscire a districarsi all’interno di un mondo complesso ma appagante come quello della ristorazione. Ciò che bisogna comprendere nel passaggio dalla teoria alla pratica, dalla formazione al lavoro, è che quando si entra all’interno di una pizzeria o di un ristorante si è sostanzialmente alla dipendenza dello chef. Questo significa che bisognerà saper fare esattamente ciò che viene richiesto nei modi e nei tempi previsti. Per molti, magari, potrebbe suonare strano, ma all’interno di un ristorante uno chef ha bisogno di personale affidabile, non certo di qualcuno che dopo aver seguito un corso pensa di non avere più nulla da imparare.
Diploma da Chef: teoria, pratica e tirocinio formativo
I corsi di cucina organizzati da enti qualificati come l’Accademia Italiana Chef, vengono elaborati grazie ad un continuo contatto con le realtà professionali e hanno l’obiettivo palese di favorire l’inserimento profittevole degli allievi nel mercato del lavoro. Gli allievi perfetti dovranno essere dotati di una mente flessibile e creativa e, soprattutto, dovranno disporre di conoscenze, abilità e competenze necessarie ad inserirsi all’interno di un team efficiente e preparato.
L’obiettivo della scuola di cucina dell’Accademia Italiana Chef è quello di trasmettere ai suoi allievi quelle competenze necessarie ad avere padronanza della materia, così da trovare soluzioni in modo autonomo, e anche la capacità di ottenere buoni prodotti, grazie a competenze sia intellettuali che pratiche.
Per fare sì che il diploma ottenuto non sia solamente un pezzo di carta fine a se stesso, per quanto prestigioso possa essere, enti come l’Accademia Italiana Chef cercano di focalizzare l’attenzione esattamente su ciò che le attività commerciali della ristorazione si aspettano dai nuovi addetti. A questo proposito, vengono utilizzati i risultati semestrali delle indagini di mercato, così da comprendere l’andamento del settore della ristorazione e ottenere spunti concreti per realizzare programmi formativi all’avanguardia e davvero utili ai fini dell’inserimento immediato nel mondo del lavoro.
Proprio per perseguire questi obiettivi, l’Accademia Italiana Chef è convenzionata con oltre 2400 realtà in Italia, presso le quali gli allievi hanno la possibilità di realizzare un percorso di tirocinio pratico di minimo 300 ore. Queste strutture convenzionate vanno dal piccolo ristorante a gestione familiare fino a Cracco o Osteria Francescana, così come dalla piccola pizzeria o pasticceria fino alle eccellenze come Sal De Riso. All’interno di ogni ristorante, pizzeria ed esercizio di ristorazione, ci sarà sempre uno chef al “comando”, nei confronti del quale bisognerà sapersi mettere in discussione e mostrarsi disponibili e ricettivi. A quel punto, le competenze teoriche acquisite dovranno fungere solo da base, perché ogni chef ha i suoi metodi, i suoi ingredienti, le sue ricette e l’allievo dovrà essere pronto a comprendere la nuova filosofia, invece di provare a spingere quella imparata sui libri o a scuola. Per questo, le lezioni all’Accademia Italiana Chef non sono fatte di ricette ma di elementi base, sui quali costruire infinite ricette.
Tra i vantaggi concreti di cui potranno fruire gli allievi di una scuola di cucina come quella dell’Accademia Italiana Chef, ci sono la possibilità di avere a disposizione una struttura formativa tecnologicamente all’avanguardia, di accedere a percorsi formativi in linea con le esigenze di mercato e di intraprendere un percorso formativo propedeutico all'inserimento nel mondo del lavoro.
Vecchia e nuova normativa
Molti dei corsi di cucina esistenti, sono organizzati tenendo conto di una vecchia normativa europea che tende a giudicare i corsi sulla base delle ore di lezione frontale erogate e non sulla qualità, ovvero su che cosa viene effettivamente insegnato agli allievi. Si tratta di un grosso problema in quanto, in un ambito complesso come quello della cucina, esiste un gap significativo tra la teoria e la pratica, tra la formazione e il lavoro.
Inoltre, non sempre la possibilità per gli allievi di poter passare più tempo a scuola significa aumentare le probabilità di entrare nel mondo del lavoro.
Attualmente, le regioni italiane hanno recepito la normativa europea sui corsi di formazione professionale e, quindi, anche sul settore cucina, che danno accesso a qualifiche riconosciute, prevedendo come requisito base, per ciascun allievo, la frequenza di un monte orario che va dalle 600 alle 1800 ore di corso. Questo, porta i formatori ad organizzare i corsi chiedendosi come fare a riempire un monte ore così alto. Si tratta di una contraddizione in termini, in quanto la Normativa Europea 29990 sui corsi di formazione professionali sostiene, in realtà, di tarare le lezioni sulla base di ciò che effettivamente vuole il mercato del lavoro. La speranza è quindi che le Regioni adottino quanto prima criteri differenti da quello del monte ore, favorendo così il passaggio diretto dalla formazione al lavoro, per tutti gli allievi.
Scuola di cucina: quantità vs qualità
Chi gestisce una scuola di cucina deve sapere perfettamente che non sono le ore a creare le competenze. Il diploma finale non deve essere quindi un titolo che chiunque può ottenere dopo aver frequentato un determinato monte ore di lezioni, ma un attestato di competenze, un bagaglio di esperienze e di concetti utili che rendono chi lo ottiene pronto e adeguato per il confronto diretto col mondo del lavoro.
Il mercato, infatti, richiede delle competenze specifiche ai nuovi lavoratori e, di conseguenza, i corsi andrebbero tarati per consentire agli allievi di imparare solo ciò che serve davvero, senza rallentare il passaggio dalla teoria alla pratica con nozioni inutili ai fini, appunto, pratici.
Tutto questo, non per dire che la teoria sia sbagliata, ma semplicemente che non è sufficiente, da sola, a formare figure professionali nel settore della ristorazione in grado di soddisfare le richieste del mercato in modo adeguato. Per facilitare l’apprendimento degli allievi, una buona scuola di cucina dovrebbe organizzare i suoi corsi con un giusto equilibrio tra teoria e pratica, per far sì che i concetti si solidifichino.
Purtroppo, sono molti infatto coloro che si iscrivono a corsi di cucina, anche molto costosi, e ne escono con un diploma in tasca e con la presunzione di essere ormai del mestiere. Alla prova dei fatti, però, molti non riescono a mettere in pratica quanto hanno assimilato dal punto di vista teorico e, questo, rappresenta un reale problema.
Avere un diploma di cuoco riconosciuto, inoltre, non serve poi a molto per facilitare l’ingresso nel mondo nel lavoro se non è accompagnato da competenze pratiche ed esperienza sul campo, a meno di non puntare a concorsi pubblici per lavorare presso ospizi, ospedali o mense scolastiche.
Una delle caratteristiche principali che gli allievi dei corsi di cucina devono avere è infatti l’elasticità mentale, una condizione necessaria per riuscire a districarsi all’interno di un mondo complesso ma appagante come quello della ristorazione. Ciò che bisogna comprendere nel passaggio dalla teoria alla pratica, dalla formazione al lavoro, è che quando si entra all’interno di una pizzeria o di un ristorante si è sostanzialmente alla dipendenza dello chef. Questo significa che bisognerà saper fare esattamente ciò che viene richiesto nei modi e nei tempi previsti. Per molti, magari, potrebbe suonare strano, ma all’interno di un ristorante uno chef ha bisogno di personale affidabile, non certo di qualcuno che dopo aver seguito un corso pensa di non avere più nulla da imparare.
Diploma da Chef: teoria, pratica e tirocinio formativo
I corsi di cucina organizzati da enti qualificati come l’Accademia Italiana Chef, vengono elaborati grazie ad un continuo contatto con le realtà professionali e hanno l’obiettivo palese di favorire l’inserimento profittevole degli allievi nel mercato del lavoro. Gli allievi perfetti dovranno essere dotati di una mente flessibile e creativa e, soprattutto, dovranno disporre di conoscenze, abilità e competenze necessarie ad inserirsi all’interno di un team efficiente e preparato.
L’obiettivo della scuola di cucina dell’Accademia Italiana Chef è quello di trasmettere ai suoi allievi quelle competenze necessarie ad avere padronanza della materia, così da trovare soluzioni in modo autonomo, e anche la capacità di ottenere buoni prodotti, grazie a competenze sia intellettuali che pratiche.
Per fare sì che il diploma ottenuto non sia solamente un pezzo di carta fine a se stesso, per quanto prestigioso possa essere, enti come l’Accademia Italiana Chef cercano di focalizzare l’attenzione esattamente su ciò che le attività commerciali della ristorazione si aspettano dai nuovi addetti. A questo proposito, vengono utilizzati i risultati semestrali delle indagini di mercato, così da comprendere l’andamento del settore della ristorazione e ottenere spunti concreti per realizzare programmi formativi all’avanguardia e davvero utili ai fini dell’inserimento immediato nel mondo del lavoro.
Proprio per perseguire questi obiettivi, l’Accademia Italiana Chef è convenzionata con oltre 2400 realtà in Italia, presso le quali gli allievi hanno la possibilità di realizzare un percorso di tirocinio pratico di minimo 300 ore. Queste strutture convenzionate vanno dal piccolo ristorante a gestione familiare fino a Cracco o Osteria Francescana, così come dalla piccola pizzeria o pasticceria fino alle eccellenze come Sal De Riso. All’interno di ogni ristorante, pizzeria ed esercizio di ristorazione, ci sarà sempre uno chef al “comando”, nei confronti del quale bisognerà sapersi mettere in discussione e mostrarsi disponibili e ricettivi. A quel punto, le competenze teoriche acquisite dovranno fungere solo da base, perché ogni chef ha i suoi metodi, i suoi ingredienti, le sue ricette e l’allievo dovrà essere pronto a comprendere la nuova filosofia, invece di provare a spingere quella imparata sui libri o a scuola. Per questo, le lezioni all’Accademia Italiana Chef non sono fatte di ricette ma di elementi base, sui quali costruire infinite ricette.
Tra i vantaggi concreti di cui potranno fruire gli allievi di una scuola di cucina come quella dell’Accademia Italiana Chef, ci sono la possibilità di avere a disposizione una struttura formativa tecnologicamente all’avanguardia, di accedere a percorsi formativi in linea con le esigenze di mercato e di intraprendere un percorso formativo propedeutico all'inserimento nel mondo del lavoro.