Ortoressia: quando mangiare sano diventa una patologia

Introduzione
Sembra strano, ma mangiare sano, scegliendo solo prodotti biologici, non trattati e senza additivi chimici, può diventare una vera ossessione, sfociando in un disturbo psicologico. Chi ne è affetto rifiuta non solo cibi che facciano ingrassare, ma in generale tutto ciò che nasce da produzioni che la persona considera non controllate e non salubri, fino a trasformarsi nell’unico pensiero della giornata e conducendo all’isolamento e al disprezzo per chi segue diversi regimi alimentari. L’ortoressia, identificata come una malattia di carattere psicologico che induce una smodata attenzione nei confronti del cibo e la volontà di nutrirsi solo di quello che il soggetto considera sano, è stata così definita dal dietologo statunitense Steve Bratman nel 1996. Solo nel 2013, però, è stata riconosciuta come una patologia.
La causa l’ansia
L’origine dell’ortoressia, che nasce dall’accostamento di due termini dal greco antico, orthos, che significa corretto, e orexis, appetito, è da ricercarsi in ambito psicologico. Solitamente è un modo per ridurre uno stato di ansia più o meno intenso, che il soggetto non riesce a gestire altrimenti, attraverso un controllo maniacale sugli alimenti che compongono la sua dieta.
Come nel caso di anoressia, bulimia e altri disturbi nel comportamento alimentare, il fatto che sia il cibo al centro dell’ossessione del soggetto non è casuale. Grazie all’abbondanza di alimenti, almeno nei paesi industrializzati e per la maggior parte della popolazione dalla seconda metà del Novecento, siamo bombardati di informazioni e sollecitazioni sul tema dell’alimentazione, che ha assunto tutta una serie di significati ben al di là della sua funzione energetica. Moltissimi sono gli allarmi che periodicamente vengono lanciati su particolari cibi (basti pensare all’influenza aviaria) e sui metodi di produzione (rilevamento di quantità eccessive e tossiche di metalli pesanti nell’acqua, nel pesce o negli ortaggi, presenza di diossina o altre sostanze velenose in prodotti industriali, ecc.), che hanno portato i consumatori a riflettere su quanto siano sani i cibi che acquistano e di cui si nutrono. In più, da pochi decenni si tributa un’attenzione esagerata alla forma fisica, con conseguente sviluppo di comportamenti nevrotici, dall’ossessivo calcolo delle calorie a regimi alimentari rigorosi che eliminano certe categorie di cibi o impongono quantità sempre minori, in modo spesso scorretto e nocivo per la salute.
I sintomi e gli effetti
Chi soffre di ortoressia ha un atteggiamento ossessivo nei confronti del cibo, soprattutto della sua purezza, che causa altra ansia, frustrazione, insoddisfazione e porta a un sempre maggiore isolamento sociale e a difficoltà di relazione con gli altri. Questo disturbo, come di solito accade quando si tratta di problemi psicologici, modifica lo stile di vita complessivo della persona e ha effetti su tutti i suoi comportamenti, non solo su quelli a tavola.
Proprio Steve Bratman ha per primo evidenziato, dato che ne soffriva lui stesso, i principali sintomi di questa patologia e ideato un test, il cosiddetto Bratman’s orthorexia test (BOT), per la sua diagnosi.
L’ortoressico è colui che programma con molto anticipo i pasti, anche giorni prima, che controlla in modo maniacale quali sono i componenti e gli ingredienti dei prodotti che acquista, tende a mangiare in solitudine e a evitare sia di mangiare fuori casa sia di accettare pasti preparati da altri, su cui quindi non ha un perfetto controllo.
A differenza di altri disturbi alimentari, la questione non riguarda però la quantità di cibo ingerito, ma la sua qualità: deve essere sano, esente da qualsiasi contaminazione, biologico e non trattato. Chi soffre di questo disturbo sviluppa con il tempo delle regole proprie per discriminare ciò che può essere mangiato da ciò che invece va rifiutato, spesso al di là di motivazioni razionali. Ingerire un cibo considerato contaminato produce senso di colpa, ansia e necessità di espiare. Con il tempo si fanno sempre più difficili i rapporti con chi si ciba invece in modo non patologico, perché si prova disprezzo e disgusto nei confronti di chi non segue il proprio regime alimentare.
Il cibo, insomma, perde ogni sua valenza di piacere e diventa solo un’ossessione e una psicosi, che ha molti tratti in comune con i comportamenti ossessivi-compulsivi, anch’essi prodotti dalla necessità di sedare uno stato di ansia che non si è in grado di gestire in modo sano.
Il test
Sviluppato originariamente da Bratman, questo test è stato poi definito e validato da un gruppo di ricerca italiano, a metà degli anni 2000. Rispondendo a queste 15 domande si può avere una prima indicazione se è necessario rivolgersi a uno specialista per aiuto. Le domande sono:
1. Quando mangi presti attenzione alle calorie del cibo?
2. Quando vai al supermercato ti senti confuso?
3. Negli ultimi tre mesi il cibo ti ha preoccupato?
4. Le scelte del cibo sono condizionate dalla tua paura circa lo stato di salute?
5. Quando scegli il cibo, il gusto è più importante della qualità?
6. Sei disposto a spendere di più per avere un cibo salutare?
7. Il pensiero del cibo ti preoccupa per più di 3 ore al giorno?
8. Ti neghi qualche trasgressione alimentare?
9. Gli stati affettivi incidono sul tuo comportamento alimentare?
10. Mangiare solo cibo salutare accresce la tua autostima?
11. Mangiare solo cibo salutare cambia il tuo stile di vita (ad esempio riduce la frequenza delle cene al ristorante con amici)?
12. Pensi che mangiare cibo salutare migliori il tuo aspetto?
13. Ti senti colpevole quando trasgredisci?
14. Pensi che in un supermercato ci sono anche cibi non salutari?
15. Sei solo quando mangi?
Rispondere "sempre" o "spesso" alla maggior parte di esse segnala la presenza di un problema.
Difficile da diagnosticare, ma si può curare
Naturalmente questo test può fornire un’indicazione, ma la diagnosi è sempre affidata a uno psicologo o psicoterapeuta.
Non è però facile identificare il problema. Innanzitutto perché i disturbi alimentari non sono solitamente associati alla ricerca di cibi sani, quanto a quelli "spazzatura", e poi perché non comporta necessariamente trasformazioni fisiche evidenti, come un eccessivo dimagrimento o, al contrario, l’assunzione di troppi chili superflui. Inoltre, il confine tra l’attenzione che una persona ha nei confronti di ciò che mangia, e che spesso si traduce nello scegliere di seguire regimi alimentari ampiamente riconosciuti e per nulla insani (diventando vegetariano, vegano, crudista, ecc.) e la patologia è sottile e non facile da diagnosticare, soprattutto dall’esterno.
Si è comunque scoperto che a essere affetti da questo disturbo sono soprattutto uomini adulti, oltre i 30 anni di età, con un livello di istruzione medio-alto, che tendono ad avvicinarsi gradualmente a scelte di vita più salutari, inizialmente, per poi precipitare nella malattia.
Per curare questa patologia servono l’aiuto sia di un esperto della psiche sia di un medico nutrizionista. La terapia comportamentale, insieme a specifici medicinali con effetti antidepressivi, è di solito quella adottata per affrontare l’ortoressia.

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