Perché non comprare verdura in busta
Che cosa c’è di meglio di un buon piatto di insalata mista per pranzo? Si mantiene la linea e si assumono tante vitamine che fanno bene alla salute. La pausa pranzo però dura poco, quindi meglio scegliere quella in busta, già lavata, pronta da mettere nel piatto e condire.
Nel 2012 l’Università di Torino ha condotto una ricerca sui cosiddetti prodotti di IV gamma, quelli freschi già lavati e imbustati e pronti all’uso, in cui è emerso che, già dal momento in cui vengono confezionati, la carica batterica totale è pari al 40%. Dopo 5-6 giorni questa sale all’87%. Talvolta all’interno di questi prodotti è possibile trovare anche l’Escherichia Coli, un batterio presente nella materia fecale. La sua presenza indica che l’insalata è stata concimata con il letame oppure che è stata irrigata con acqua di fogna. Sotto accusa anche carote alla julienne, macedonie, pannocchie, barbabietole, patate, erbe aromatiche e altre ancora, confezionate in buste o vaschette antisettiche, a quanto pare le uniche prive di germi perché, per il resto, l’insalata non viene sterilizzata, ma d'altronde non lo facciamo nemmeno noi a casa.
Sbaglio o siamo conosciuti in tutto il mondo come il Paese della buona cucina e del mangiar sano? E allora come mai siamo tra i primi nella classifica dei consumatori di insalate già pronte? Ci vogliono pochi minuti per preparare un’insalata. La scusa della fretta non regge.
La produzione
Gli ortaggi, una volta raccolti, arrivano in azienda dove vengono lavati e asciugati. L’acqua purtroppo costa cara e non viene cambiata molto spesso. Talvolta si utilizza anche quella non potabile. Possiamo a questo punto immaginare che i residui della coltivazione (nel caso in cui decidessimo di optare per prodotti non biologici) sono estremamente elevati. Questi arrivano dritti sul nostro piatto. Certo, con un goccio di olio e di aceto sono buoni anche quelli...
Durante la fase di lavaggio, le verdure vengono trattate con cloro e anidride solforosa, dei conservanti che aiutano l’insalata a mantenersi intatta per almeno una settimana, a scapito, però, delle sostanze nutritive che si riducono di un buon 50%. Durante il processo di produzione si verifica una consistente perdita di sostanze antiossidanti, come vitamine, caroteonoidi o flavonoidi, importanti nella prevenzione di malattie cronico-degenerative.
Il costo
Al di là del discorso salute, è necessario affrontare anche la componente economica. La comodità si paga (dai 5 ai 18 euro al chilo), ma il rapporto qualità prezzo è decisamente sbilanciato: troppo alto rispetto alla reale qualità del prodotto. Se confrontiamo il prezzo al chilo di un ceppo di lattuga fresca con il contenuto di una busta, notiamo subito la differenza. A questo punto meglio comprare i prodotti biologici, in confronto costano un quinto e sono più salutari.
L’inquinamento
Parliamo ora dell’impatto ambientale: emissioni di Co2 in fase di produzione, spreco di acqua (va lavata di nuovo prima di essere consumata) e di energia (impiego di macchinari per lavare, affettare e infine refrigerare le verdure) per un prodotto tutt’altro che salutare.
Infine vengono utilizzati numerosi imballaggi, sia per una questione di protezione degli alimenti, sia per una questione di pubblicità. Proteggere gli alimenti sarà anche giusto ma in questo modo aumentiamo notevolmente la quantità di rifiuti prodotta ogni giorno.
Quando si tratta della nostra salute, non c’è scusa che tenga. La fretta, lo sappiamo tutti, è una cattiva consigliera. Mettiamola a tacere e dedichiamoci di più a noi stessi. È un nostro diritto.
Nel 2012 l’Università di Torino ha condotto una ricerca sui cosiddetti prodotti di IV gamma, quelli freschi già lavati e imbustati e pronti all’uso, in cui è emerso che, già dal momento in cui vengono confezionati, la carica batterica totale è pari al 40%. Dopo 5-6 giorni questa sale all’87%. Talvolta all’interno di questi prodotti è possibile trovare anche l’Escherichia Coli, un batterio presente nella materia fecale. La sua presenza indica che l’insalata è stata concimata con il letame oppure che è stata irrigata con acqua di fogna. Sotto accusa anche carote alla julienne, macedonie, pannocchie, barbabietole, patate, erbe aromatiche e altre ancora, confezionate in buste o vaschette antisettiche, a quanto pare le uniche prive di germi perché, per il resto, l’insalata non viene sterilizzata, ma d'altronde non lo facciamo nemmeno noi a casa.
Sbaglio o siamo conosciuti in tutto il mondo come il Paese della buona cucina e del mangiar sano? E allora come mai siamo tra i primi nella classifica dei consumatori di insalate già pronte? Ci vogliono pochi minuti per preparare un’insalata. La scusa della fretta non regge.
La produzione
Gli ortaggi, una volta raccolti, arrivano in azienda dove vengono lavati e asciugati. L’acqua purtroppo costa cara e non viene cambiata molto spesso. Talvolta si utilizza anche quella non potabile. Possiamo a questo punto immaginare che i residui della coltivazione (nel caso in cui decidessimo di optare per prodotti non biologici) sono estremamente elevati. Questi arrivano dritti sul nostro piatto. Certo, con un goccio di olio e di aceto sono buoni anche quelli...
Durante la fase di lavaggio, le verdure vengono trattate con cloro e anidride solforosa, dei conservanti che aiutano l’insalata a mantenersi intatta per almeno una settimana, a scapito, però, delle sostanze nutritive che si riducono di un buon 50%. Durante il processo di produzione si verifica una consistente perdita di sostanze antiossidanti, come vitamine, caroteonoidi o flavonoidi, importanti nella prevenzione di malattie cronico-degenerative.
Il costo
Al di là del discorso salute, è necessario affrontare anche la componente economica. La comodità si paga (dai 5 ai 18 euro al chilo), ma il rapporto qualità prezzo è decisamente sbilanciato: troppo alto rispetto alla reale qualità del prodotto. Se confrontiamo il prezzo al chilo di un ceppo di lattuga fresca con il contenuto di una busta, notiamo subito la differenza. A questo punto meglio comprare i prodotti biologici, in confronto costano un quinto e sono più salutari.
L’inquinamento
Parliamo ora dell’impatto ambientale: emissioni di Co2 in fase di produzione, spreco di acqua (va lavata di nuovo prima di essere consumata) e di energia (impiego di macchinari per lavare, affettare e infine refrigerare le verdure) per un prodotto tutt’altro che salutare.
Infine vengono utilizzati numerosi imballaggi, sia per una questione di protezione degli alimenti, sia per una questione di pubblicità. Proteggere gli alimenti sarà anche giusto ma in questo modo aumentiamo notevolmente la quantità di rifiuti prodotta ogni giorno.
Quando si tratta della nostra salute, non c’è scusa che tenga. La fretta, lo sappiamo tutti, è una cattiva consigliera. Mettiamola a tacere e dedichiamoci di più a noi stessi. È un nostro diritto.